Mantenere un profilo basso per non creare allarme sociale e al tempo stesso mantenere alta l’attenzione agli affari, con la tendenza “a una progressiva occupazione del mercato legale” e sempre più frequente uso dei social per condividere messaggi e ostentare l’appartenenza a un gruppo.
È quanto si sottolinea nella relazione della Dia sulle mafie sul primo semestre 2021, presentata al Parlamento.
Secondo la Direzione Investigativa Antimafia le organizzazioni criminali sono interessate alle più moderne tecnologie e agli strumenti che permettono un rapido e invisibile passaggio di denaro, come i pagamenti con criptovalute. La nuove minaccia è il riciclaggio.
Dal rapporto emerge inoltre che sono in calo gli omicidi ma aumentano le segnalazioni di inquinamento dell’economia legale e che le mafie, con il perdurare della pandemia, hanno cercato di fare affari e muoversi secondo una strategia tesa a consolidare il controllo del territorio.
Dal rapporto emerge inoltre che la ‘ndrangheta senza abbandonare il ruolo di leader nel traffico internazionale di cocaina potrebbe tentare una ulteriore espansione dei propri affari illeciti anche attraverso possibili mutamenti degli equilibri criminali con sodalizi di diversa matrice. Le cosche calabresi in una sorta di modello criminale fluido si presentano sempre più capaci di allacciare relazioni sia con le organizzazioni leader nel narcotraffico, sia con funzionari e rappresentanti degli enti locali, imprenditori e liberi professionisti, la cui collaborazione appare strumentale alla realizzazione degli affari illeciti connessi con l’infiltrazione nell’economia
La criminalità organizzata calabrese al pari delle omologhe matrici mafose si è mostrata da sempre abile a proporsi con azioni “flantropiche” a sostegno di famiglie in sofferenza innescando un meccanismo di dipendenza da riscattare a tempo debito.
Si pensi a quelle migliaia di lavoratori “in nero” che in prospettiva potrebbero essere disposti
a farsi coinvolgere in azioni criminali pur di garantire un sostentamento alle proprie famiglie alimentando anche il bacino di consenso “mafioso” in occasioni elettorali.
Anche sul fronte imprenditoriale le mafie potrebbero proporre alle ditte in crisi di liquidità aiuti volti alla prosecuzione dell’attività salvo poi tentare di subentrare negli asset proprietari per riciclare le loro disponibilità illecite ed ampliare i propri settori produttivi in ogni area del Paese.
A ciò si aggiunga la minaccia dell’usura ed il conseguente impossessamento delle imprese in difficoltà in relazione alla quale a causa della scarsa propensione delle vittime a denunciare non si dispone di una puntuale ed immediata stima del fenomeno.
Occorre tener conto, altresì, della capacità delle consorterie criminali calabresi di relazionarsi con quell’area grigia di professionisti e dipendenti pubblici infedeli che costituiscono il volano per l’aggiudicazione indebita di appalti pubblici.
Provincia di Crotone
Rispetto al semestre precedente nel crotonese non si registrano mutamenti significativi della mappatura delle famiglie ‘ndranghetiste con una salda presenza egemone dei GRANDE ARACRI di Cutro che ormai e da anni rappresentano il punto di riferimento per le altre consorterie criminali della provincia con significative proiezioni nel nord Italia.
Nel capoluogo risulterebbero peraltro operative le famiglie VRENNA-CORIGLIANO-BONAVENTURA e i BARILARI-FOSCHINI. La famiglia TORNICCHIO-MANETTA rimarrebbe egemone in località Cantorato, mentre i MEGNA e i RUSSELLI sarebbero attivi nella frazione di Papanice e a sud del capoluogo, nella zona di Isola di Capo Rizzuto sono attivi gli ARENA-NICOSCIA-MANFREDI-CAPICCHIANO.
Al riguardo il 10 febbraio 2021 la Polizia di Stato nel corso della operazione “Golgota”139 ha tratto in arresto 36 persone tutte presunte affiliate alle cosche ARENA-NICOSCIA di Isola Capo Rizzuto e MANNOLO di San Leonardo di Cutro accusate, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsioni, porto e detenzione illegale di armi e munizioni nonché associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti.
La famiglia MANFREDA rimarrebbe egemone nell’area di Petilia Policastro ove si registra l’operatività di epigoni dei COMBERIATI-GAROFALO che appaiono fortemente indeboliti dalle inchieste degli ultimi anni.
A Mesoraca risulterebbe attivo il gruppo FERRAZZO mentre a Cirò sarebbero operativi i FARAO-MARINCOLA i quali confermerebbero la loro pericolosità anche nel nord Italia.
A Strongoli sarebbero presenti i GIGLIO, mentre a Belvedere di Spinello, Rocca di Neto, Santa Severina e in altri comuni della Valle del Neto risultano attivi gli IONA-MARRAZZO-OLIVERIO e a Rocca Bernarda i BAGNATO.
Anche nel territorio Crotonese le risultanze investigative testimoniano come l’attività criminale delle consorterie pongano sempre particolare interesse verso gli stupefacenti.
In tal senso il 23 febbraio 2021 i Carabinieri nell’ambito dell’operazione “Orso”140 hanno dato esecuzione a 13 misure cautelari nei confronti di soggetti ritenuti responsabili di associazione di tipo mafioso finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, ricettazione e detenzione di armi da guerra.
Nel corso dell’operazione è stato tra l’altro sequestrato un foglio manoscritto recante una c.d. “copiata” ovvero l’organigramma della consorteria di ‘ndrangheta egemone nella città di Crotone, completo di nomi e ruoli rivestiti in seno all’associazione criminale facente capo, per la gestione di una piazza di spaccio in città, a due fratelli vicini alla cosca VRENNA-CORIGLIANO-BONAVENTURA-CIAMPÀ-MEGNA.
Sempre in tema di stupefacenti il 13 maggio 2021 la Polizia di Stato nel corso della operazione “Autogol” ha eseguito a Crotone 11 misure cautelari per un’attività di spaccio effettuata dal febbraio 2020 al mese di giugno 2020. L’inchiesta aveva consentito anche il ritrovamento di droga in un edificio scolastico abbandonato nella città pitagorica. Anche in questo caso le azioni criminali venivano commesse da un gruppo con la disponibilità di armi ed esplosivi.
CATANZARO Nel territorio di Catanzaro continua a mostrare capacità operativa la cosca dei Grande Aracri che peraltro da tempo ha esteso i propri interessi anche nel nord Italia così come evidenziato nel corso degli anni da numerose inchieste, mentre nel capoluogo figurano quella dei Gaglianesi e degli Zingari soprattutto nei quartieri a sud della città. La persistente operatività della criminalità organizzata nel territorio e la sua capacità di infiltrazione di ogni contesto attraverso la strategia della sommersione è testimoniata dall’operazione “Profilo basso”128 conclusa il 21 gennaio 2021 della DIA di Catanzaro con l’esecuzione di 50 misure cautelari a carico di appartenenti alle ‘ndrine tra le più importanti della provincia di Catanzaro, Crotone, Isola Capo Rizzuto e Cutro, come i Bonaventura, i Grande Aracri, gli Aracri e gli Arena. L’indagine rappresenta una sintesi di quello che il Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, afferma oramai da anni ovvero che “la ‘ndrangheta spara meno però corrompe di più, ha sempre rapporti con il mondo dell’imprenditoria e della politica”. La forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo, l’assoggettamento e la condizione di omertà sono tutti parametri che sono stati documentati nell’operazione citata la cui denominazione trae origine proprio dalla regola principale che i componenti si erano imposti appunto quella “di mantenere un profilo basso”. L’inchiesta, avvalorata dalle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia ha coinvolto numerosi imprenditori della zona, nonché componenti infedeli della pubblica amministrazione e amministratori locali collusi con le organizzazioni criminali. Nel dettaglio gli imprenditori avevano costituito aziende fittizie e prive di consistenza economica attuando operazioni di facciata quali l’affitto di magazzini in realtà rimasti sprovvisti di merce stoccata e l’utilizzo di mezzi di trasporto che venivano fatti viaggiare al solo scopo di dissimulare operazioni di carico e scarico. Le aziende erano intestate a prestanome sia italiani, sia albanesi nullatenenti. Oltre alle misure cautelari sono stati emessi numerosi sequestri preventivi che hanno interessato, tra l’altro, 59 società, 45 immobili, 29 autoveicoli, conti correnti bancari e un’imbarcazione. La infiltrazione delle cosche nel tessuto economico attraverso una classe imprenditoriale collusa viene testimoniata anche dall’operazione “Coccodrillo”129 coordinata dalla DDA di Catanzaro e conclusa l’11 marzo 2021 dalla Guardia di finanza. L’inchiesta ha portato all’esecuzione di una misura cautelare nei confronti di 16 persone, nonché al sequestro preventivo dei beni per un valore pari a 50 milioni di euro. L’indagine ha evidenziato un quadro indiziario a carico di imprenditori catanzaresi in ordine a plurimi reati di intestazione fittizia di beni realizzati attraverso un sistema di società formalmente intestate a terzi e di fatto dagli stessi controllate e gestite, quale sistema costituito proprio al fine di proteggere il patrimonio aziendale dalla possibile adozione di misure ablative antimafia. Le attività investigative hanno inoltre acclarato un legame, risalente nel tempo, tra liberi professionisti e il clan Mazzagatti di Oppido Mamertina, nonché il rapporto con il clan Arena di Isola Capo Rizzuto e altre cosche del crotonese, tra cui quella riconducibile a Grande Aracri Nicolino.
LOMBARDIA Nel semestre in argomento episodi di usura ed estorsione sono stati contestati anche ai componenti di una compagine criminale attiva nella provincia di Bergamo accusati di avere agevolato la cosca Arena (ramo Cicala) di Isola Capo Rizzuto (KR) e raggiunti il 22 aprile 2021 dalla misura cautelare dell’operazione “Isola Orobica”70. L’indagine coordinata dalla Dda di Brescia e svolta dai Carabinieri oltre a documentare l’investimento di capitali per l’acquisizione di società di trasporto merci ha evidenziato delitti di natura estorsiva e la concessione di prestiti usurari. In particolare nella provincia di Varese da attività investigative svolte nel corso del 2020 che riprendono indagini del passato, si manifesta con particolare resilienza l’operatività della locale di ‘ndrangheta Legnano-Lonate Pozzolo che estende la sua influenza nella provincia di Milano, propaggine della cosca Farao-Marincola di Cirò (KR).
EMILIA ROMAGNA L’analisi della situazione generale della criminalità organizzata in Emilia Romagna nel corso del primo semestre 2021 conferma il trend già osservato negli scorsi semestri di come l’approccio delle cosche rivolto al controllo del territorio non sia più ancorato prevalentemente al predominio militare ma ad una sempre maggiore infiltrazione silente dell’economia e delle amministrazioni locali attraverso rapporti con professionisti, imprenditori, amministratori pubblici, esponenti della politica e della finanza collusi o corruttibili – la cosiddetta area grigia – in grado di assicurare e proporre un numero crescente di servizi e collaborazioni. I sodalizi criminali pertanto tenderebbero a confondersi nel tessuto sociale cercando di utilizzare le liquidità illecitamente accumulate in investimenti nelle attività imprenditoriali ed economiche legali e nel tradizionale target d’elezione costituito dagli appalti pubblici adottando condotte di basso profilo per non destare sospetti. Da non trascurare è la presenza nel territorio di consorterie criminali di origine straniera operative e pienamente attive in molteplici attività malavitosi di tipo “classico” che spaziano dal narcotraffico allo spaccio di sostanze stupefacenti fino allo sfruttamento della prostituzione. Nella Regione a testimonianza di quel “sistema integrato e radicato” tra imprese, appalti e affari in cui opererebbero le consorterie evidenzierebbe il un consolidato e persistente radicamento della ‘ndrangheta con qualificate proiezioni di cosche reggine (Bellocco, Iamonte, Mazzaferro, Morabito-Palamara-Bruzzaniti), vibonesi (Mancuso), crotonesi (oltre ai cutresi, anche i cirotani Farao-Marincola) e di altre famiglie calabresi che in generale compongono una mappatura criminale complessa.
In particolare la perdurante operatività della cosca cutrese Grande Aracri oltre che in seno al noto e più volte citato processo “Aemilia” con la sentenza conclusiva dello scorso mese di dicembre 2020 viene confermata nel semestre in parola dall’operazione “Perseverance”157 della Polizia di Sato di Reggio Emilia e dei Carabinieri di Modena del 12 marzo 2021. L’attività investigativa si è conclusa con l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare per associazione di tipo mafioso ed estorsione nei confronti di 10 indiziati di appartenere alla cosca ‘ndranghetista sopracitata operante in Emilia Romagna ed avente quale epicentro le città di Reggio Emilia e Parma dove numerosi indagati avevano delocalizzato imprese ed affari. L’inchiesta ha acclarato ulteriormente l’organigramma del sodalizio ‘ndranghetistico emiliano storicamente legato alla cosca Grande Aracri di Cutro. Come si legge nel provvedimento cautelare “si tratta di una articolazione ‘ndranghetistica operante in gran parte del territorio dell’Emilia – in particolare, ma non solo, nelle province di Reggio Emilia. Parma, Piacenza – e dedita ad una serie nutrita di attività criminose, anche di natura “imprenditoriale”, con espansione anche fuori dall’Emilia e dal territorio nazionale; -nell’ambito della strutturazione unitaria della associazione di stampo mafioso denominata ‘ndrangheta, la consorteria emiliana, come quelle parimenti operanti in altri territori del nord Italia, gode di autonomia criminale piena con riguardo alle ordinarie attività delinquenziali specifiche (i c.d. reati-fine), ai profili operativi, alla risoluzione degli eventuali conflitti tra sodali; all’interno di tale sodalizio, operano con ruolo di vertice non uno, ma alcuni soggetti, ciascuno reggente su un determinato territorio; -la consorteria emiliana è storicamente legata alla cosca Grande Aracri di Cutro ed alla figura del boss Grande Aracri Nicolino, il quale non è esponente del sodalizio del nord, ma, per via del legame storico e del ruolo di assoluta preminenza entro la ‘ndrangheta, ha conservato un legame sempre attuale con gli esponenti della cosca emiliana, partecipando, come socio occulto finanziatore, agli affari più lucrosi ed importanti posti in essere dal sodalizio ‘ndranghetistico emiliano ed altresì svolgendo il ruolo di soggetto preposto a risolvere i conflitti eventualmente insorti tra gli esponenti di vertice del sodalizio disvelato dalla indagine “Aemilia“; la consorteria ‘ndranghetistica emiliana si connota per “una spiccata vocazione imprenditoriale e finanziaria in grado di infiltrarsi nel ricco tessuto economico e produttivo della Regione” – per usare locuzioni trasfuse nei vari provvedimenti delle Autorità giudiziarie che si sono occupate della indagine “Aemilia” evitando per deliberata strategia di porre in essere falli eclatanti (in particolare: di sangue) onde evitare di attirare l’attenzione delle Forze dell’ordine sul fenomeno mafioso in Regione; ciò non toglie che gli accertamenti giudiziari abbiano acclarato che la consorteria emiliana ha negli anni espresso il proprio potenziale criminale in seno alla ‘ndrangheta e la propria forza di intimidazione, attraverso la disponibilità di un importante quantitativo di armi (anche da guerra e clandestine), ed attraverso l’esecuzione di pericolosi attentati incendiari ai danni di coloro che ne hanno ostacolato gli interessi criminosi, praticando l’usura e l’imposizione delle forniture avvalendosi della forza di intimidazione espressa dalla cosca ed effettuando cosiddetti “recuperi credito” di natura sostanzialmente estorsiva, così accaparrandosi diverse attività imprenditoriali, solitamente intestate a compiacenti prestanome, in particolare nel settore della edilizia, dei trasporti e della ristorazione; la consorteria si è anche caratterizzata per una capacità di infiltrazione, oltre che nella economia, anche nella politica, nel settore del giornalismo, degli esponenti delle Forze dell’Ordine ed in quello bancario”.
UMBRIA Perugia ha fatto rilevare nel tempo la presenza di soggetti contigui ad alcune ‘ndrine calabresi (Giglio, Farao-Marincola, Maesano-Pangallo-Favasuli e Scumaci), risultate attive nell’infiltrazione del settore economico e nel campo del traffico delle sostanze stupefacenti. Le indagini degli ultimi anni hanno dimostrato la capacità delle cosche calabresi di infiltrarsi nei settori della ristorazione e dell’edilizia ai fini di riciclaggio.
MARCHE È il caso della provincia di Pesaro Urbino nella quale è stata accertata l’operatività di soggetti riconducibili alle cosche dell’area reggina187 e dell’anconetano, dove è stato riscontrato come alcuni soggetti legati alla ‘ndrina Grande Aracri fossero dediti a pratiche usurarie ed estorsive spesso aggravate dal metodo mafioso. Nel merito il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello, Sergio Sottani, ha evidenziato “come la Regione Marche rappresenti un territorio ideale, proprio per la sua immagine di “zona franca”, per l’effettuazione di operazioni di riciclaggio e reimpiego di proventi derivanti da attività delittuosa, oltre che per lo svolgimento di attività di prestazione di servizi illeciti, da parte di professionisti nel territorio comunque collegati ad associazioni mafiose, così come ulteriormente desumibile dall’operazione della Procura Distrettuale di Ancona che nel mese di febbraio 2020 ha eseguito misure cautelari personali nei confronti di tre professionisti marchigiani e di un imprenditore calabrese…. ”.
GERMANIA Anche la ‘ndrangheta crotonese è presente nel territorio tedesco come era emerso dalle risultanze investigative dell’operazione “Stige” che, nel 2018, avevano accertato l’infiltrazione della cosca Farao-Marincola di Cirò (KR) nel commercio dei prodotti vinicoli nei Länder dell’Assia e del Baden-Wurtemberg. Al riguardo il 12 febbraio 2021 è stata data esecuzione ad un decreto di sequestro beni, emesso dal Tribunale di Bologna, nei confronti di un imprenditore, già condannato per associazione mafiosa dal tribunale di Catanzaro nella citata operazione e considerato un punto di riferimento della consorteria ‘ndranghetistica cirotana, tanto da divenire a essa organica in Emilia Romagna. La presenza della ‘ndrangheta è registrata anche nella ex Germania dell’Est dove il forte legame con le organizzazioni criminali provenienti dall’Est Europa ha permesso di allargare i propri ambiti di influenza illegale.
ROMANIA La presenza della ‘ndrangheta, prevalentemente attiva nell’ambito dei reati finanziari, è legata soprattutto alla presenza del clan Grande Aracri, sodalizio criminale maggiormente inserito nel tessuto economico della Romania, ma non solo ad esso, visto che anche le cosche reggine sembrano interessate a sfruttare il territorio rumeno come testimonia l’operazione “Platinum Dia” precedentemente descritta.