Il boss della ‘ndrangheta delle Preserre Bruno Emanuele doveva evadere dal penitenziario nel quale si trova recluso per una condanna all’ergastolo. A raccontare la vicenda è stato il collaboratore di giustizia Raffaele Moscato nel corso di un’udienza del processo sulla faida tra cosche della ‘ndrangheta nel vibonese. “Stavamo progettando – ha raccontato il pentito – l’evasione dal carcere di Bruno Emanuele. Era tutto pronto, ma il furgone che doveva parcheggiare vicino, nel piazzale del carcere, si poneva sempre lontano”. E così, il gruppo armato, che avrebbe dovuto entrare in azione durante gli spostamenti del furgone blindato della polizia penitenziaria, non riuscì ad entrare in azione. Secondo il pentito, a progettare l’evasione del boss, oltre ai clan delle Preserre vibonesi ci sarebbe stato il gruppo dei Piscopisani, alleato dei Tripodi di Porto Salvo, Bonavota di Sant’Onofrio e Razionale di San Gregorio in contrapposizione con i Mancuso di Limbadi e, in particolare, col boss Pantaleone Mancuso, detto “Scarpuni”, che Bruno Emanuele una volta evaso avrebbe voluto eliminare. “In carcere a Vibo, aveva stretto un accordo – ha aggiunto – con Mimmo Bonavota, Michele Fiorillo e Andrea Mantella secondo il quale se lui fosse uscito avrebbe ammazzato Mancuso e stessa cosa avrebbero fatto gli altri nel caso in cui avessero lasciato prima il penitenziario”.

Pronto piano per far evadere boss
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