Gli italiani nuotano in cattive acque: ogni 62 km di costa c’è un punto inquinato, spesso in prossimità di spiagge libere, e la colpa è degli scarichi non depurati che attraverso fiumi, fossi e canali si riversano in mare. Una conseguenza diretta della mancanza di un trattamento di depurazione adeguato, che ancora riguarda il 42% degli scarichi fognari del nostro Paese e che potrebbe costare all’Italia una sanzione europea salatissima, avverte Legambiente presentando il rapporto di Goletta Verde. La colpa è “dell’incapacità a spendere le risorse che abbiamo”, spiega il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, ricordando che “nel 2012 sono stati stanziati 1,2 miliardi per oltre 180 interventi sul fronte della depurazione” ma “a tre anni di distanza solo una trentina è in via di esecuzione, gli altri si sono impantanati nelle pastoie burocratiche o sono stati fermati dalla difficoltà degli enti locali di realizzare progettazioni adeguate”. Quindi, il governo “ha preso in mano la situazione con commissariamenti e tavoli tecnici per recuperare ritardi inaccettabili”. La Goletta Verde di Legambiente ha navigato lungo la Penisola raccogliendo 266 campioni d’acqua, e scoprendo cariche batteriche superiori ai limiti imposti dalla normativa nel 45% dei casi. A risultare inquinati sono 120 punti, la metà dei quali presso spiagge quasi sempre libere. Il 49%, sottolinea l’associazione, non è campionato dalle autorità competenti, cioè non sottoposto controlli sanitari, e il 38% risulta balneabile sul Portale delle Acque del ministero della Salute, mentre sono solo 14 i punti vietati alla balneazione. “A conferma del deficit depurativo – spiega il responsabile scientifico di Legambiente, Giorgio Zampetti – ci sono le due sentenze di condanna arrivate dalla Commissione europea nel 2012 e nel 2014, e il parere motivato del marzo 2015 relativo alla terza procedura d’infrazione aperta nei confronti del nostro Paese per il mancato rispetto della direttiva 91/271 sulla depurazione degli scarichi civili. Procedimenti che riguardano un agglomerato su tre”. Un danno ambientale ma anche economico: “si stima che le sanzioni Ue siano pari 476 milioni di euro l’anno dal 2016 e fino al completamento delle opere”. Legambiente non propone una classifica regionale dell’inquinamento marino, ma tendenzialmente promuove la Sardegna e l’alto Adriatico mentre boccia Marche, Abruzzo e Sicilia, quest’ultima con 14 campioni inquinati su 26 analizzati. Una classifica c’è invece sull’illegalità, con 14.542 infrazioni accertate dalle forze dell’ordine e dalle capitanerie di porto per reati inerenti al mare e alla costa nel 2014: circa 40 al giorno, 2 per ogni km di litorale. La Puglia svetta con 3.164 infrazioni, seguita da Sicilia (2.346) Campania con (1.837) e Calabria (1.370). Sulle infrazioni rilevate per km di costa la Campania è prima con 3,9, seguita da Puglia (3,7), Molise (3,1), Liguria (3) e Marche (2,9). Le tipologie di reato, spiega il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza, “vanno dalle illegalità nel ciclo del cemento sul demanio marittimo all’inquinamento del mare dovuto a mala depurazione, scarichi fognari, inquinamento da idrocarburi, sversamento di rifiuti di vario tipo, anche se non mancano i casi di pesca di frodo”. (ANSA).\nY89/DR S04 QBXI

Nuotiamo in cattive acque
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