Sei anni fa, dopo tre mesi di agonia all’ospedale Pugliese di Catanzaro il cuore del piccolo Dodò Gabriele, cessava di battere. Era il 20 settembre del 2009. Una morte quella del piccolo Dodò di cui nessuno può dirsi “incolpevole”. E’ quanto sostenuto da Don Giuseppe Noce, parroco della chiesa del SS Salvatore nel Quartiere Fondo Gesù, dove nella mattinata di sabato 19 settembre è stata celebrata una santa messa in occasione del sesto anniversario della morte di Dodò. Era la sera del 25 giugno quando un sicario sparò all’impazzata sul campetto di calcio in contrada Margherita dove correva anche lui, nella contrada Margherita, alla periferia nord di Crotone. Il killer mirava a Gabriele Marrazzo, un boss emergente in contrapposizione con il clan locale. Oltre al morto dieci feriti, compreso Domenico. Una triste pagina di cronaca che ha scosso le coscienze e sconvolto le vite di Giovanni e Francesca che dalla morte del loro unico figlio hanno inteso attraverso il ricordo tracciare un percorso nuovo e di rinascita. Questo anche il significato del ricordo attraverso la celebrazione della santa messa alla quale hanno preso parte, insieme ai genitori Francesca e Giovanni, autorità civili e militari, i referenti di diverse associazioni e Rocco Mangiardi, l’imprenditore lametino che ha detto no al pizzo e puntato il dito contro c
hi lo pretendeva. La presenza più significativa è stata quella dei piccoli alunni della scuola elementare di Salica, la scuola frequentata da Dodò e degli gli studenti dell’Istituto Benedetto XVI . Proprio a loro si è rivolto Don Giuseppe nella sua omelia. Il sangue versato da Gesù, per la purificazione del mondo – ha sostenuto Don Giuseppe Noce – è diverso da tutti perché sangue innocente, come innocente è il sangue versato da Dodò. Quanto accaduto sei anni fa ci riguarda da vicino poiché nessuno di noi può dirsi incolpevole. Tutti abbiamo il dovere di impegnarci in direzione dell’affermazione della legalità. Non si uccide solo con il fucile ma molti altri
sono i modi. A tale proposito rivolgendosi ai bambini Don Giuseppe ha fatto l’esempio del bullismo nel mondo della scuola. Le mafie -ha sostenuto ancora il sacerdote -sono sul nostro territorio come l’inquinamento verso cui nessuno fa nulla. Abbiamo bisogno di Gesù e di Dodò perché dobbiamo essere forti, più forti. Quando tutti sono rassegnati la mafia diventa punto di riferimento. Toccante l’esempio delle meduse che galleggiano in un mare piatto mentre noi aspettiamo l’arrivo di una corrente che ci porti lontano. L’immobilismo, l’attesa non cambiano lo stato delle cose. Dobbiamo fare ciascuno la nostra parte perché non cercare di fare qualcosa ha concluso Don Giuseppe Noce significa essere morti.

Nessuno può dirsi incolpevole per la morte di Dodò
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