Ieri, giovedì 20 maggio, la Cittadella “Iole Santelli” ha ospitato centinaia di tirocinanti affiancati e rappresentati dai sindacati USB e CSA, che hanno ottenuto un incontro con l’Assessore Fausto Orsomarso, il quale ha accettato di parlare direttamente e personalmente ai tirocinanti lì presenti.
Un sit-in coinvolgente, dagli animi caldi e speranzosi di lavoratori oramai stanchi di rincorrere quella luce infondo al tunnel, che sembra non giungere mai ad una fine .
Un incontro, che pare abbia dato esito positivo, secondo le parole dell’Assessore Orsomarso, che assicura e rassicura i tirocinanti circa la presa in carico della loro questione, mediante l’istituzione di un tavolo tecnico, che a Roma, pare stia pensando alla migliore soluzione auspicabile per una possibile contrattualizzazione, attraverso una normativa ad hoc, che tenga in considerazione le diverse categorie di tirocinanti (MIUR, MIBACT, GIUSTIZIA e TIS) ed anche le diverse età anagrafiche (il tutto prima delle elezioni previste ad ottobre).
Nessuna promessa è stata fatta, ma emerge un impegno concreto, volto a trovare un accordo, che doni dignità a migliaia di tirocinanti, che meritano un posto di lavoro, meritano di sentirsi cittadini della loro nazione, di sentirsi utili nella comunità, di contribuire con il loro impegno alla formazione della società civile.
Io, figlia di un tirocinante, dispongo di un solo mezzo: la comunicazione! E voglio utilizzarlo per mostrare la mia vicinanza a tutti i tirocinanti e a quelli che hanno manifestato ieri la loro presenza.
Oramai da tempo mi ritrovo a scrivere lettere di speranza, di sensibilizzazione, ma oggi spero sia la volta della ri(s)volta.
I tirocinanti sono in attesa di quello che sarà l’esito del risultato del tavolo tecnico ma promettono di non fermarsi di fronte ad eventuali esiti negativi.
La verità, è che non esistono vinti e vincitori in questa battaglia; l’unico trofeo in palio sono la dignità riconquistata e la speranza perduta di centinaia di madri e padri di famiglia. Bisogna produrre nuovi orizzonti, in cui il lavoro non sia una mera eccezione, ma una normale prospettiva di vita, in cui proiettare soddisfazioni, stabilità e certezze per se stessi e per i propri figli.
Ed io, figlia del solito tirocinante, avverto l’esigenza di far sentire la mia voce, perché anche noi figli possiamo prenderci cura di chi ci mette al mondo e si preoccupa di farci vivere nel migliore dei modi ogni giorno della sua vita. Dietro ogni tirocinante, presente ieri, dietro ogni tirocinante, che ha condiviso le proprie preoccupazioni, si nasconde una timida speranza che questa sia la volta della ris(v)olta.
Giusy Scarriglia