Lo sforzo crescente delle autorità australiane per contrastare il terrorismo islamico lascia più libertà di movimento ai clan della ‘ndrangheta calabrese, radicati nelle maggiori città del paese, Adelaide, Melbourne e Sydney, e coinvolti nell’importazione di massicce quantità di droga. E la presenza in Australia dell’organizzazione, consolidata sin dagli anni 1960 con lo sfruttamento di immigrati calabresi in piantagioni di marijuana, pone ora nuove sfide alle forze dell’ordine. L’avvertimento viene dalla criminologa Anna Sergi dell’Università di Essex in Gran Bretagna, in Australia per conferenze in università australiane sul tema ‘Conoscere e contrastare la ‘ndrangheta calabrese in Australia’. La polizia australiana ha bisogno di acquisire una migliore conoscenza dell’organizzazione per ottenere migliori risultati, ha detto. “Secondo gli investigatori italiani vi sono sette o otto clan operanti in Australia”, ha detto la criminologa. “Si sono resi conto che avevano il potenziale di sfruttare in Australia quello che già vi era, le famiglie immigrate in zone rurali decenni fa. La questione importante che rimane aperta, è cosa altro fanno oltre il traffico di droga, perché è noto che sono coinvolti in altre attività”. Non è chiaro alle forze dell’ordine locali come siano collegati i clan in diversi stati d’Australia, ha detto ancora Sergi. “Gli investigatori antimafia italiani ritengono che vi sia una specie di camera di controllo in Australia che li tiene insieme”. Il problema per la polizia è che deve operare in molte direzioni e i fondi sono deviati ad altre minacce come il terrorismo. “Non voglio dire che ignorino il problema, sono piuttosto consapevoli di ciò che avviene e hanno un’intelligence piuttosto buona”, ha precisato.

La lotta al terrorismo in Australia lascia spazio alla ‘ndrangheta
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