“Se ogni morte è ingiusta, questa lo è più di tutte. E’ una profonda ingiustizia. Non si può morire di lavoro”. Così don Francesco Gentile durante la celebrazione dei funerali di Giuseppe Greco, 51 anni, morto giovedì 5 aprile insieme a Chiriac Dragos Petru, mentre erano intenti a lavorare all’ampliamento del lungomare di Crotone, quando un muro di cemento armato é crollato travolgendoli.
Una famiglia distrutta dal dolore, una comunità sotto choc che si stringe intorno a Loredana, Giuseppe e Costanza in una chiesa che non è riuscita a contenere, quanti, ed erano tantissimi, si sono riuniti per l’ultimo saluto a uomo che era un esempio di rettitudine per tutti, un padre amorevole.
Di fronte ad una vita spezzata, ad una famiglia che piomba all’improvviso nel dolore ci si domanda perché. Un interrogativo che si pongono quanti hanno conosciuto Giuseppe che ne hanno apprezzato il buon cuore. Era un uomo dedito alla famiglia, un padre esemplare, un grande lavoratore, per una vita aveva svolto le mansioni di muratore ed era molto apprezzato per la sua dedizione al lavoro.
La moglie Loredana e i figli Costanza e Giovanni, non si danno pace per una morte così assurda, una morte avvenuta sul posto di lavoro, una morte davanti alla quale non si rassegneranno mai.
Morire di lavoro, purtroppo accade sempre più frequentemente.
Davanti a queste vite spezzate, alle famiglie distrutte, occorre riflettere concretamente sul da farsi.
Le morti sul lavoro, in Italia costituiscono oggi la vera emergenza.
Eppure il nostro è un Paese che ha molte leggi sulla carta che purtroppo non trovano dovuta applicazione.