Crotone una città assente, una città che demanda agli altri, anche quando si tratta di fare memoria.
E’ l’amara constatazione che si fa contando il numero delle persone che ogni anno partecipano alla commemorazione della Strage di Capaci, in cui persero la vita, per mano mafiosa, Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo.
Ogni anno, il 23 maggio e il 19 luglio, nell’ora in cui avvennero le stragi di Capaci e Via D’Amelio, Libera e Italia Nostra si danno appuntamento, nel giardino intitolato ai due magistrati, invitando istituzioni, mondo associazionistico e della scuola.
Una commemorazione a cui in pochi, pochissimi partecipano.
Ma, se negli anni passati, nessuno ha inteso sottolineare l’assenza della città a quest’importante appuntamento con il ricordo e la memoria, non è stato così quest’anno.
Il Prefetto Cosima di Stani, che ha preso parte unitamente al Colonnello dei Carabinieri Alessandro Colella, il tenete colonnello della Guardia di Finanza, Giuseppe La Terza e il Questore di Crotone, Claudio Sanfilippo, al vice sindaco Antonella Cosentino e al rappresentate della Provincia di Crotone, Renato Carcea, ha messo tutti davanti all’evidenza: troppo pochi per una commemorazione così importante.
Una constatazione che fa male, perché fare memoria significa non dimenticare l’impegno e il sacrificio, di chi ha pagato con la propria vita, per garantire a ciascuno di noi una società libera e giusta.
Lo ha ricordato, stigmatizzando, il Prefetto di Crotone, Cosima di Stani.
Il prefetto non ha usato mezze parole, nel sottolineare l’assenza della comunità crotonese.
“Stasera, stiamo parlando tra addetti ai lavori. Non è giusto, che ciò sia fatto. Soprattutto nei confronti di Giovanni Falcone, gli uomini della sua scorta, sua moglie, che hanno sacrificato la loro vita, per contrastare la mafia. Questa è una terra difficile. La Calabria è una terra di ‘ndrangheta e ce lo dobbiamo mettere bene in testa che è una terra di ‘ndrangheta. E allora, se questi cittadini vogliono riscattare il loro territorio devono scendere, prendere coraggio e testimoniare. Almeno testimoniare, con la loro presenza. Almeno in queste giornate, che sono dalla parte della legalità. Non è assolutamente giusto che si faccia così. Non si può semplicemente demandare agli altri, sempre agli altri. Il compito di sconfiggere la mafia ha ricordato ancora il prefetto Di Stani non è solo compito delle Forze dell’Ordine. Non è solo compito della magistratura. Non è solo compito del Prefetto. C’è anche la cittadinanza. La testimonianza civile di ognuno di noi deve essere messa in gioco. Memoria e impegno ci richiede una giornata come quella di oggi. Memoria e impegno, che ci chiama in prima persona, ci chiama tutti, in prima persona per testimoniarlo. Avrei voluto vedere dei ragazzi, avrei voluto vedere dei giovani. Non ce n’è neanche uno. Io vado a parlare nelle scuole, per cercare di dare a questi ragazzi degli strumenti differenti, un segnale di speranza di cambiamento. Un cambiamento giusto, che è già in atto, che lo Stato sta mettendo in atto.
Non è facile sconfiggere la criminalità organizzata, utilizzando gli strumenti leciti. Perché, contrastare con gli strumenti illeciti è facile, ma è con gli strumenti del diritto che si deve contrastare la criminalità organizzata. Per poterlo fare ci sono delle difficoltà, per coloro i quali ci lavorano. Ecco perché, è importante, in questa lotta, che secondo me, come ha sottolineato questa mattina il Capo dello Stato, porterà alla vittoria dello Stato nei confronti della mafia, della criminalità organizzata, che ci sia, da parte dei giovani soprattutto un segnale di cambiamento. Il primo cambiamento – ha sostenuto ancora il prefetto Di Stani – è testimoniato dalla loro presenza. Sono loro, la nostra speranza, per un futuro migliore. Soprattutto anche in quanto, il cambiamento passa per un fattore culturale, che ci consente di affrancarci, di essere persone libere. La testimonianza che si deve dare in questa direzione. Nello scusarsi della veemenza con cui ha esternato il suo pensiero il prefetto di Stani ha poi ricordato: “è la quarta volta che celebro in Calabria questa giornata e credetemi, c’è una bella differenza nel celebrarlo in Calabria o in Sicilia, piuttosto che in altre regioni. Sono stata in Puglia, a Verona a celebrare queste giornate e hanno tutto un altro tipo di connotazione. Qui ci sono i morti. Qui ci sono state le persone, come il figlio del signor Gabriele che è stato ammazzato, impunemente, soltanto perché stava partecipando ad una partita. E’ questo, che noi dobbiamo comprendere. Io, non posso che offrire un messaggio di speranza e naturalmente proseguirò insieme con le forze di polizia. Io sono convinta che la magistratura, non c’è bisogno di dirlo, le operazioni che sta conducendo lo stanno testimoniando quotidianamente, c’è bisogno di lavorare tanto, noi siamo impegnati fortemente sotto questo profilo e proseguiremo intensamente in questa azione che è un’azione di sensibilizzazione, un’azione che è diretta alla libertà. Lo stesso Giovanni Falcone diceva che per contrastare la mafia, non è sufficiente lavorare nella stanza, occorre lavorare sull’intero edificio.non ci vuole solo il muratore ma ci vuole anche l’ingegnere, il ragionamento. Ci vuole un approccio di carattere sistemico e quest’approccio di carattere sistemico, naturalmente lo Stato lo sta mettendo in campo. Io non posso che ribadire, quale pedina di questa macchina importante che è quella dello Stato di confermare quest’impegno in questa lo stiamo mettendo in campo”.
Davanti a queste parole, abbiamo tutti il dovere di fermarci a riflettere.
Soprattutto, dobbiamo vincere la paura, l’inerzia, l’apatia che avvolge tutto e tutti, impegnandoci in prima persona, anziché essere prigionieri della paura senza alcuna prospettiva futura.