“I dati del Centro Studi FenImprese confermano le nostre previsioni, espresse da maggio in poi, secondo cui i devastanti effetti del lockdown imposto per contenere l’emergenza coronavirus, sarebbero stati distruttivi per tutto il circuito economico”.
E’ la denuncia del Presidente di FenImprese Luca Mancuso.
“Al di là delle tante parole sparse qua e là in merito ai fantamiliardi che il governo avrebbe messo in campo per tamponare la crisi, l’unico dato certo è che l’economia nazionale sta morendo. I dati di oggi – sostiene Mancuso – purtroppo parlano chiaro.
In uno studio condotto dal nostro Centro studi, prosegue il presidente di FenImprese Mancuso – su un totale di 200 aziende intervistate nella nostra base associativa, risulta che il 60% degli interpellati ha dichiarato la chiusura o di esserne prossimo.
Per una volta tutto lo stivale è tristemente omogeneo perché si soffre ovunque, con maggiori costi e colpi negativi alle aziende forse maggiormente alle aziende del centro nord”.
“Tra i settori maggiormente colpiti: Abbigliamento – Ristorazione – Turismo, ma ciò non significa che il malessere non sia generalizzato.
Bankitalia – dice ancora Mancuso – ha lanciato l’allarme sulle gravissime condizioni economiche della popolazione italiana, in forte difficoltà con i pochissimi soldi rimasti dopo mesi di serrata obbligatoria generale.
I dati sono in linea con altre ricerche secondo cui : “Il 50% degli italiani ha subito una contrazione del reddito”, Quattro famiglie su dieci hanno difficoltà a pagare il mutuo. Ad aggravare il tutto si aggiungono le stime Ue sul calo del Pil italiano dell’11,2%, il dato di gran lunga peggiore di tutta l’Eurozona.
Bisogna fermare questa mattanza, conclude il presidente di Fenimprese Mancuso. L’Italia non può morire cosi. In Italia solo le PMI continueranno a creare economia e a mantenere occupazione, ma anche lo Stato dovrà fare la sua parte, mettendoci in condizione di lavorare, immettendo liquidità a fondo perduto, abbassando le tasse, e soprattutto smettendo definitivamente di caricare burocrazia e costi ulteriori”.