“La petizione cittadina, sottoscritta da 1.084 cittadini, è stata dichiarata irricevibile dall’amministrazione comunale poiché presenterebbe un vizio di forma nella presentazione e di sostanza sulla validità o meno delle firme». È quanto rende noto il comitato Tufo-Farina.
“Andiamo per ordine – scrive il comitato –. Il richiamo in premessa dell’articolo 50 della Costituzione: il riferimento è inteso in linea di principio, e soprattutto per la valenza che bisogna dare ad una raccolta firme sia dal punto di vista legislativo che dal punto di vista politico. La Petizione cittadina richiama espressamente e nella stessa premessa gli articoli 13 e 14 dello Statuto comunale, strumento del quale tutti i cittadini e amministratori sono chiamati a rispettare, e soprattutto devono ispirarsi. Richiamato inoltre il regolamento, e più precisamente l’articolo 53 comma 1, che regolamenta la presentazione delle petizioni cittadine, facendo passare in secondo piano appunto lo Statuto comunale che ne sancisce la validità. Si vuole ricordare, in merito a ciò, che i regolamenti si ispirano allo Statuto Comunale, e che lo stesso garantisce e tutela i cittadini nell’esercizio e nella funzionalità della democrazia”.
“Invalidità delle firme – prosegue la nota – in quanto non sarebbero autenticate come richiesto. In piena pandemia, portare i cittadini dinnanzi a un Notaio per fare apporre la firma, era umanamente impossibile e al tempo stesso sarebbe stato un atteggiamento da irresponsabili. Comunque, considerato che 1.084 firme sono state raccolte sia in modalità online che cartacea, le stesse non possono essere ignorate senza ritegno, anche perché in modalità on-line la piattaforma utilizzata, Petizione.com, per validare la firma applica un sistema attraverso il quale il cittadino può validarsi solo attraverso la propria email, mentre le 424 raccolte su modello cartaceo oltre alla firma è stato inserito il numero del documento d’identità quale carta d’identità o patente, quindi, facilmente verificabile”.
“Tuttavia – sostiene ancora il comitato –, ringraziamo per la risposta che è pervenuta dopo quasi novanta giorni dalla presentazione, entrando nel merito delle proposte da noi fatte, e dove si evince, in estrema sintesi, che la riduzione non può essere applicata in modo collettivo poiché il servizio è attivo e i costi devono essere ripartiti su tutte le utenze domestiche e commerciali. Ebbene, in merito a quanto asserito, avere un servizio attivo non vuol dire avere un servizio efficiente e non ci pare affatto che a Crotone sia tale da giustificare un’aliquota Tari fra le più alte di Italia. In pratica il cittadino onesto è costretto a pagare”.
“Il nostro invito – prosegue il comitato – è quello ad andare a spulciare i pareri dell’Arera (Autorità di regolazione per energia reti e ambiente, ndr) che invece sostiene la nostra tesi, e cioè che difronte a un palese e oggettivo disservizio i cittadini hanno diritto alla riduzione delle bollette. Richiamare decine di sentenze di Cassazione che sostengono dette ragioni ed ignorare le decine di sentenze di Cassazione che invece supportano le nostre non vuol dire che si è nel giusto come non affranca dal giudizio politico che i cittadini di Crotone hanno tutto il diritto di esprimere. Richiamare ancora una volta i pareri dei dirigenti, che ovviamente sono contrari ad una riduzione, negano di fatto la possibilità ad un consiglio comunale eletto a poter discutere e decidere su quanto richiesto dai cittadini”.
“Ma gli indirizzi – si domanda il comitato – sono i dirigenti a darli o la politica? Che dire dei commercianti. La categoria più colpita e affondata dalla pandemia. Questi, grazie ad una legislazione nazionale, la 147/ 2013, sono costretti a pagare lo stesso questo tributo, e nonostante la chiusura forzata di quasi 18 medi, abbiate almeno il buon senso di rateizzare il più possibile il pagamento facendo in modo che si possano mettere in regola in un tempo accettabile. Per le famiglie con Isee sotto i cinquemila euro, si riconosce la giusta battaglia di giustizia sociale, tuttavia non si può applicare la riduzione poiché ricadrebbe sulle altre utenze domestiche e commerciali”.
“Quindi, in buona sostanza – conclude il comitato –, nonostante siamo la città più povera di Italia, nonostante ci sia un alto numero di disoccupati, nonostante vi siano in città cumuli di immondizia, nonostante la raccolta regolare di 1.084 firme, non siamo stati in grado, ai sensi dell’articolo 13 dello statuto comunale, di investire trentadue consiglieri comunali per discutere su una materia che sta a cuore a centinaia di famiglie crotonesi: le bollette della Tari”.