Nuove ed importanti novità sul “Caso Shalabayeva”, grazie ad all’’interrogazione parlamentare presentata da cinque parlamentari del M5S (Caterina Licatini, Francesco D’Uva, Elisabetta Barbuto, Aldo Penna e Davide Aiello) ai ministeri dell’ Interno, Giustizia ed Esteri.
Mukhtar Ablyazov, non era un rifugiato politico ma un ricercato per crimini e reati finanziari in diversi paesi e non aveva permessi validi per rimanere in Italia. L’uomo, marito di Alma Shalabayeva, la donna espulsa dall’Italia nel 2013 per cui si è instaurato un processo che ha portato alle condanne da parte del tribunale di Perugia per sequestro di persona nei confronti di sette uomini dello Stato, tra cui l’ex questore di Palermo e simbolo della lotta alla mafia, Renato Cortese, e Maurizio Improta all’epoca responsabile dell’ufficio immigrazione, che avevano condotto le operazioni di espulsione di Alma Shalabayeva, moglie del presunto dissidente kazako.
“Un’accusa incresciosa, rivolta a uomini che hanno dedicato la vita alla lotta contro la criminalità – commentano i deputati Caterina Licatini, prima firmataria dell’interrogazione, e Francesco D’Uva -. Ci auguriamo, unitamente ai colleghi del Movimento 5 Stelle, che i dati che dimostrano i trascorsi e gli intenti criminali di Ablyazov, contribuiscano anche a riabilitare tutti coloro che hanno dovuto subire un’ingiusta condanna per i compiti svolti con decoro nell’esercizio delle proprie funzioni”.
“Mi auguro – ha dichiarato l’on. Elisabetta Barbuto – come già hanno chiesto tutti i colleghi del Movimento 5 Stelle firmatari dell’interrogazione, che i dati che dimostrano i trascorsi e gli intenti criminali di Ablyazov, contribuiscano anche a riabilitare tutti coloro che hanno dovuto subire un’ingiusta condanna per i compiti svolti con decoro nell’esercizio delle proprie funzioni”.
La presenza in Italia di Mukhtar Ablyazov, – si legge in una nota dell’Adnkronos – risultava da una nota dell’Interpol che lo definì “un individuo sospettato di essere pericoloso” e veniva data per possibile la sua presenza in una villa a Roma. Il Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia posto alle dipendenze del Dipartimento della Pubblica Sicurezza – Direzione Centrale della Polizia Criminale, ricevuta la notifica, avvisò la Questura di Roma di verificare la sua presenza e di arrestarlo qualora venisse identificato. L’uomo però, al momento del controllo, non era nell’edificio, in cui vennero trovati una coppia di domestici e una donna con un passaporto diplomatico Centrafricano intestato ad Alma Ayan. Dopo alcuni controlli, il documento risultò contraffatto e alla donna, senza permesso di soggiorno in Italia, venne notificato il decreto di espulsione. Nella perquisizione, venne ritrovata inoltre una memory card con dentro delle foto di Ablyazov con la donna e con una bambina. In merito al presunto status di rifugiato politico, – prosegue la nota di Adnkronos – il Ministero cita una lettera inviata nel luglio 2013 dall’allora segretario generale dell’Interpol Richard Noble al capo della polizia italiana dell’epoca Alessandro Pansa: “Storicamente il Regno Unito non ha mai comunicato al Segretariato generale informazioni in merito alla concessione a un soggetto dello status di rifugiato politico o richiedente asilo, in quanto ritenuta una questione riservata. La consultazione da parte dell’Italia delle banche dati del Segretariato Generale non avrebbe mai rivelato che al Signor Ablyazov era stato concesso lo status di richiedente asilo/rifugiato da parte del Regno Unito”. Noble aggiunge che “nessun Paese membro dell’Interpol sarebbe stato in grado di sapere, attraverso il Segretariato Generale, che al Signor Ablyazov era stato concesso dal Regno Unito lo status di richiedente asilo o di rifugiato. Per qualsiasi Paese membro che si fosse trovato a consultare le banche dati del Segretariato Generale, il Signor Ablyazov era un soggetto ricercato ai fini dell’arresto da tre Paesi Interpol, per gravi reati”.
Davanti a tutto questo diventa grottesca la condanna a Renato Cortese, un grande servitore dello Stato, un eroe antimafia, la cui azione in direzione dell’affermazione della legalità sul territorio italiano è stata bruscamente interrotta.